La Settimana della Donna di Progetto Aiki (8 marzo 2021)
In occasione della “Settimana della Donna 2021”, il sito di Progetto Aiki , associazione nazionale a cui Shobu Aiki aderisce, ha pubblicato la rubrica “Ritratti di Donne aikidoka” , in cui sono state raccolte le considerazioni di numerose associate sull’esperienza delle donne nella pratica dell’Aikido e dei suoi riflessi nella vita quotidiana.
All’iniziativa ha partecipato una consistente rappresentanza di donne della nostra Shobu Aiki, di cui riportiamo i contributi.
Ai ki Onna – Calligrafia di Bruno Brugnoli
Nota: il sigillo presente sull’opera è DEN KI, ossia trasmissione del Ki
Approfondimenti sui Kanji
di Monica Scaccabarozzi e Mimma Mottura
Congiuntamente alle iniziative promosse da Progetto Aiki in occasione della Giornata Internazionale della Donna, , il M° Calligrafo Bruno Brugnoli ha realizzato la bella calligrafia 合 気 女 , che vedete come immagine di apertura di questo articolo, composta dai Kanji Ai – Ki – Onna.
Il nome del progetto “AikiDonna” è nato, sia per assonanza che per significato, anche grazie a questa calligrafia.
Analizzando la calligrafia, e ben conoscendo come praticanti di Aikido il significato dei Kanji 合 e 気 , ci soffermeremo con alcuni approfondimenti sul Kanji 女 .
Il carattere 女 , NU in cinese – ONNA in giapponese, cioè “donna”, deriva dal pittogramma:
Forma antica, detta Zhuan, originariamente rappresentante una donna inginocchiata.
Questo pittogramma in realtà si ritrova già nelle iscrizioni su ossa divinatorie risalenti all’età del bronzo, e successivamente sulle incisioni bronzee di epoca Zhong.
Le immagini sottostanti ne illustrano l’evoluzione grafica, fino alla forma Zhuan
per arrivare all’ideogramma nelle sue diverse forme:
Forma Lishu, degli scrivani
Forma normale
Forma corrente
Forma corsiva
Il radicale di questo carattere (il radicale è un componente grafico dei caratteri cinesi, utilizzato per trovare le parole sul dizionario: tutti i caratteri, sia tradizionali che moderni, sono scomponibili in parti più piccole, che sono proprio i radicali, che quindi formano i “mattoncini” della scrittura, le unità minime) è NU 女 stesso!
Il radicale “donna” 女 è quindi strettamente legato al mondo femminile:
奴民兵 donna soldato – 妈妈 mamma – 妻 moglie – 姐 sorella maggiore – 妹 sorella minore – …
Curiosamente lo stesso radicale si trova sia nel carattere 安 “donna sotto il tetto” (pace in cinese, economico/poco caro in giapponese), che sottointende una visione maschilista del ruolo della donna, che nella parola 姓 cognome, che invece riporta ad una società di tipo matriarcale.
Sono una madre aikidoka
di Aurora Maraffa
Sono diventata madre lo scorso Ottobre.
Mai come in questi mesi, in questa esperienza totale che è la maternità, ho percepito come la pratica dell’Aikido mi abbia cambiata, esperienza concreta di come azione-reazione sia un binomio inscindibile.
Probabilmente un neonato è l’Uke più sincero che si possa incontrare; riceve e restituisce amplificando ogni gesto o emozione… lo specchio migliore che abbia mai visto.
Un neonato, come ogni cucciolo, è programmato per fidarsi dei segnali più primitivi che gli invia la madre, si fida del tono della sua voce, del suo battito cardiaco, dei suoi gesti.
Sa quando menti, non lasciandoti spazio per mentire a te stessa.
Sono grata all’Aikido per avermi mostrato come ognuno di noi possa imparare a gestire la dualità che sottende ogni cosa, a riconoscere le spirali che si innescano e avviluppano Tori e Uke, ad essere una persona consapevole, a percorrere quotidianamente una “grande Via che non ha porte”.
Animus e Anima
di Cristina Mameli – Istruttrice Shobu Aiki
Mi è capitato spesso di leggere commenti e interpretazioni personali sull’Aikido, che si focalizzano soprattutto attorno al dilemma: Arte di pace o arte della guerra? Via spirituale o marzialità pura? Aikido tradizionale o Aikido moderno?
Ognuno interpreta questa bellissima disciplina filtrando gli aspetti che sono maggiormente aderenti alla propria visione del mondo e proiettandovi sopra le proprie aspettative e le proprie esigenze.
In apertura del libro “L’arte della pace” curato da John Stevens è riportata questa riflessione di O’ Sensei :
“L’arte della pace non fa affidamento sulle armi o sulla forza bruta per avere successo; al contrario, entriamo in sintonia con l’universo, manteniamo la pace nei nostri reami, promuoviamo la vita e preveniamo la morte e la distruzione” [1]
A questo proposito vorrei condividere alcune riflessioni su ciò che questa disciplina ha rappresentato e continua a rappresentare per me e portare avanti alcune considerazioni rispetto al mio essere donna nel mondo dell’Aikido.
Ho iniziato a praticare intorno ai 25 anni e attraverso questa disciplina ho incominciato a seminare la fiducia in me e ad alimentare la padronanza del mio corpo, imparando a esprimere me stessa e la mia interiorità nel gesto.
La pratica dell’Aikido è diventata la base della mia vita. Da qui ho tratto il grande insegnamento della morbidezza, della fluidità, dell’apertura verso gli altri, che corrispondeva alla visione del mio essere al mondo. Non è sempre facile. È più da concepire come vision, come meta a cui tendere.
Il presupposto che ho tratto dall’insegnamento nel dojo è che l’altro non è un nostro nemico. Ciò che ho sempre trovato illuminante e che ho riscoperto nel Counseling, nello Shiatsu e nello Zen, è che i problemi non sono fuori di noi. La soluzione non consiste nell’annientare gli altri, ma nel lavorare su di noi per risolvere gli ostacoli che ci impediscono di essere in armonia con gli altri, ampliando la nostra mappa mentale.
Jung affermava: “Il diverso è dentro di noi e se non impariamo a riconoscerlo e a comunicare con esso, creeremo delle società malate” [2]
Il Maestro Ueshiba diceva: “Vincere significa sconfiggere la mente conflittuale che si annida dentro di noi” [3]
Per me lo scopo principale dell’Aikido insegnato e praticato come Via, Do, è esprimere la vita attraverso la morbidezza del corpo, dei movimenti e della mente. Una mente morbida è aperta, accogliente, empatica, in armonia con il mondo circostante.
Per quanto riguarda la relazione con i praticanti maschi, la questione è aperta.
Spesso si cita il numero delle donne presenti nel proprio dojo come valore aggiunto, ma è realmente così?
Nell’immaginario dei praticanti uomini, le donne sono considerate un valore, o alla pari, persone con cui confrontarsi sul tatami?
È capitato a tutte di sentire dire da un praticante uomo che non frequenterebbe mai un dojo con un’insegnante donna? Io l’ho sentito dire!
La verità è al di sopra di queste divergenze, è al di là del dualismo, e si ricompone attraverso l’integrazione degli opposti. Anche in questo caso, Jung ci viene in aiuto, parlando proprio di opposti da integrare, con la sua teoria del Maschile e del Femminile, Archetipi presenti in ciascuno di noi, che a mio avviso può trovare riscontro e soluzione proprio nell’Aikido.
Questa disciplina può favorire l’integrazione dell’energia del Maschile e del Femminile, perché coniuga la Spinta, la decisione, il raggiungimento dello scopo (qualità che connotano l’energia del Maschile) con la morbidezza, il potere liquido, la gentilezza, l’accoglienza, l’azione priva di aggressività, tipica del Femminile. Questa è una delle ragioni che mi portano con fiducia a considerare l’Aikido come pratica evolutiva.
Io sono fermamente convinta che nel mondo attuale, in cui l’aggressività e la conflittualità sono spinte all’esasperazione, ci sia bisogno di questa integrazione. Talvolta prevale anche nei praticanti questa aggressività e ci sono donne non in collegamento con il loro Femminile che esibiscono comportamenti da dure per essere simili agli uomini, sacrificando così il loro potere.
A mio avviso c’è bisogno di riportare equilibrio tra queste due componenti già presenti dentro ogni persona. La mia pratica è volta a conciliare questa integrazione e uno degli scopi che mi prefiggo come istruttrice degli allievi principianti, oltre a mostrare loro le tecniche, è soprattutto aiutarli a realizzare l’integrazione di Maschile e Femminile, Anima e Animus, per ampliare la propria coscienza.
Attraverso questo passaggio, le donne potranno manifestare il proprio potere liquido, che si esprime con la morbidezza e l’accoglienza, tipiche del Femminile, ed integrare in sé la forma irimi, l’entrata diretta, più Maschile.
Gli uomini saranno in grado di esprimere la circolarità e impareranno ad affrontare il conflitto con la morbidezza, integrando il Femminile, senza rinunciare alla decisione, la spinta, che caratterizza il Maschile.
In questo modo si diventa completi e liberi di esprimere tutte le proprie potenzialità, in armonia con l’altro e con l’ambiente esterno.
Questo per me è uno dei contributi che l’Aikido può dare nell’evoluzione dell’essere umano.
[1] M.Ueshiba, L’Arte della pace. A cura di John Stevens. Milano, Feltrinelli, 1992
[2] C. J. Jung, Psicologia, Opera vol. 8 –Torino, Boringhieri 1979
[3] Aforisma di O’Sensei
Il modo ordinario è straordinario
di Monica Scaccabarozzi – Presidente Shobu Aiki ASD
Essere accolta in modo ordinario è straordinario, quando entri in contatto con nuovi ambienti e nuove persone, quando questo diventa quotidianità. Essere accolta naturalmente, senza differenze di genere.
Il primo obiettivo, ma non l’unico, del gruppo a cui appartengo è stato è e sarà sempre, in maniera assolutamente naturale, quello di favorire l’integrazione e di mantenerla nel tempo.
Questo trascendere i generi mi ha permesso di praticare, in un ambiente prettamente maschile, in modo davvero sereno e agevole. Devo dire che il nostro dojo, oggi vanta un numero di donne praticanti, davvero superiore alla media!
Io ne sono il Presidente ed Anna è in tesoreria, molte compagne, Laura Valentina, Aurora, Ramona, Saremi sono presenti come segreteria e aiuto organizzativo, abbiamo un’istruttrice, Cristina.
Come però avviene spesso, la vita non è soltanto contraddistinta da pace e armonia, ma è segnata da difficoltà. Una delle difficoltà maggiori che ho riscontrato su altri tatami, in realtà, è stata quella di non essere considerata.
Questo mi rammenta la frase di Shunryu Suzuki: “Il buddismo è la Verità che include in sé varie verità”.
Mi è capitato, di non essere stata presa in considerazione per la pratica, durante alcuni stage o seminari esterni, lasciata sul tatami senza un compagno.
Oppure mi sono sentita dire, “posso prenderti il polso?”
Come se fosse disdicevole fare una presa katatedori gyakuhanmi ad una donna…
Il dispiacere emotivo, prima è nato come rabbia, poi, dopo un profondo respiro, è diventato compassione, comprendendo la situazione, un punto di vista estraneo a me, un sentimento, ho riorganizzato così, le mie informazioni.
In realtà, dunque, penso proprio di essermi arricchita dell’esperienza; ho lasciato perdere questa differenza, ho cercato di non lasciare agire il mio ego e ho praticato con il massimo della concentrazione, non mi volevo certo far rovinare il seminario!
In un certo senso, ringrazio chi mi ha messa da parte e chi mi ha trattata diversamente.
Sperando di riuscire a spiegare meglio il mio pensiero, è come se, più mi occupo di te, più mi occupo di me e viceversa. Siamo, in realtà uniti nelle diversità.
Attraverso strumenti quali la consapevolezza della propria vulnerabilità e la conoscenza della propria fragilità, le donne di più, possono intrattenere con il mondo una relazione d’intesa e non di dominio.
Non potremmo essere forse tutti così?
Pensiamoci bene tutti, uomini e donne.
Aikido, meditazione in movimento
di Sonia Zahirpour, detta Divy
Praticare Aikido sul tatami è stata per me una vera scoperta.
Prendo dimestichezza con il mio corpo in un modo nuovo, diretto, portando attenzione ad ogni gesto mio e degli altri.
Sto imparando a cadere consapevolmente (e rialzarmi) e questo apre in me uno spazio di libertà.
Entro di solito stanca e con la testa affaticata e ne esco semplice, rigenerata e grata.
La trovo una bellissima meditazione in movimento.
Cogliere la diversità
di Emilia Dado
Dal mio punto di vista, il vissuto sul tatami è di sicuro un apporto.
Ho tradotto l’uso della forza, con l’accogliere, entrare in relazione per poi rispondere, evitando lo scontro.
Questo aspetto, portato nella vita quotidiana, da solo, cambia gran parte di essa.
Cogliere la diversità di ognuno, riconoscerlo come valore aggiunto nello scambio.
I compagni, sempre disponibili e pronti, hanno concorso a rendere questa pratica unica per me.
Ogni medaglia ha l’altro aspetto, e scegliere cosa voler vedere, sta a noi.